L’Italia è sempre meno italiana. La pubblicazione degli ultimi dati dell’Istat sulla popolazione residente nel nostro Paese disegna uno scenario in cui, per la prima volta negli ultimi novant’anni, si assiste alla diminuzione dei residenti di nazionalità italiana.
Un dato opposto rispetto a quello, in netta crescita, relativo ai cittadini stranieri che, nel 2015, sono stati in aumento di circa 11mila unità a fronte dei 130mila italiani in meno. Al netto di considerazioni prettamente sociologiche sul perdurare della tendenza al calo delle nascite, trend inarrestabile dal 2008 e che, nel 2015, ha fatto segnare un emblematico meno 17mila rispetto all’anno precedente, è il dato sui flussi migratori che deve far riflettere.
Non si arresta infatti il fenomeno dell’emigrazione che, seppur con un dato in leggera flessione, registra un conto di circa 133mila soggetti che hanno lasciato l’Italia.
Il numero dei residenti inquadra solo in parte quello che sta avvenendo lungo lo Stivale: se è vero che complessivamente il numero dei cittadini italiani cala, è altrettanto inevitabile riflettere sul numero sempre maggiore di ragazzi che, terminato il proprio iter scolastico o universitario, cercano lavoro fuori dai confini nazionali e che vengono “sostituiti” da soggetti che, pur non essendo nati sul nostro territorio, hanno acquisito a tutti gli effetti la residenza italiana: ammontano a 178mila i cittadini che sono “diventati” italiani nel 2015.
Sono circa 200 le nazionalità presenti nel nostro Paese suddivisi quasi equamente tra europei ed extraeuropei. La cittadinanza maggiormente rappresentata è quella rumena (22,9%) seguita da quella albanese (9,3%).
Si tratta, ovviamente, dei flussi regolari e dunque censibili della popolazione ai quali andrebbe aggiunta, la non trascurabile fetta di immigrazione clandestina che, comunque, non potrebbe che acuire la sensazione di una “de-italianizzazione” del Paese.
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