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Società

Il Fisco “aggredisce” anche le escort: tasse in arrivo

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Da oggi anche le escort dovranno pagare le tasse senza potersi più giustificare dicendo che l’attività da esse praticata non è presente tra i codici delle dichiarazioni dei redditi prestabiliti dall’Agenzia delle Entrate: la fonte primaria dell’obbligo al pagamento delle tasse è la normativa dell’Unione Europa che inquadra i servizi delle prostitute come “prestazione di servizi retribuita” e, pertanto, non c’è modo di scappare dagli obblighi tributari. È anche questa, del resto, l’interpretazione già fornita dalla Corte di giustizia UE. Risultato: le escort devono pagare , come tutti i contribuenti, le tasse e, segnatamente, l’IVA e l’Irpef che, per forza di cosa, dovranno addebitare al cliente al momento del pagamento. Ma procediamo con ordine.

In Italia la prostituzione non è regolamentata da alcuna legge. Dal punto di vista civilistico il contratto concluso con la escort è nulloperché l’oggetto (la prestazione sessuale dietro pagamento di denaro) è considerato contrario al buon costume e, quindi, illecito.

Questo però non vuol dire che il meretricio sia vietato o costituisca unreato. Tutt’altro: l’attività della escort, dal punto di vista penale, è pienamente lecita e nessuna volante della polizia potrà mai fermare una lucciola sulla pubblica via (salvo che il vestiario di questa possa costituire un offesa la pudore), così come non commette reato colui che venga trovato a consumare un rapporto a pagamento.

Ma allora cosa vuol dire che, da un punto di vista civilistico, il contratto è nullo? Semplicemente che, quand’anche le parti si accordino (oralmente o per iscritto) e l’uno esegua la propria prestazione (il denaro o il sesso) e l’altro però si rifiuti di effettuare la controprestazione che gli compete, il primo non potrà andare dal giudice a chiedere tutela e risarcimenti di sorta. Tutto qua. Per il resto, ben venga anche l’attività di chi concede alla escort una camera in affitto purché dietro il contratto di locazione non si nasconda unosfruttamento della prostituzione (così avverrebbe, ad esempio, se il padrone di casa esigesse un canone di locazione molto più alto dei prezzi di mercato, nascondendo così, dietro al sovrapprezzo, il proprio utile sui guadagni della squillo).

Sebbene non se ne senta spesso parlare, anche le escort non sfuggono ai controlli fiscali dell’Agenzia delle Entrate. Anzi, il fisco può procedere alle indagini bancarie sul conto della prostituta, dal quale risulti l’esistenza di denaro depositato, senza che però sia mai stata depositata una dichiarazione dei redditi. Un accertamento di tale tipo – sostiene la sentenza in commento – è certamente valido nonostante le Entrate non abbiamo mai chiarito la posizione delle escort nei confronti dell’erario, quali debbano essere i codici, quali gli adempimenti e le scadenze. Insomma, non conta il fatto che lo Stato faccia finta che il fenomeno prostituzione non esista: “Pecunia non olet” (il denaro non puzza) disse Vespasiano al figlio che lo accusava di aver messo una tassa sull’urina raccolta nelle latrine gestite dai privati (appunto chiamati “vespasiani”), tassazione dalla quale provenivano cospicue entrate per l’erario. Dall’urina veniva ricavata l’ammoniaca necessaria alla concia delle pelli. E quindi anche le Escort devono pagare, nonostante l’immoralità della loro prestazione.