Brutte notizie per chi preleva grosse somme di denaro dal proprio conto corrente. La sentenza numero 475/2016. della Commissione Tributaria di Catanzaro ha infatti stabilito che i contribuenti tenuti alla dichiarazione dei redditi ai fini dell’Irpef devono essere pronti a dimostrare all’Agenzia delle Entrate i beneficiari dei prelievi dal conto.
Sull’utilizzo dei contanti c’è però molta confusione, soprattutto a seguito delle interpretazioni alla legge di Stabilità 2016 che, come noto, ha innalzato da 1.000 a 3.000 euro il tetto massimo di utilizzo di contanti negli scambi di denaro tra soggetti diversi per vendite, donazioni e transazioni varie. Regola dalla quale però sono esclusi proprio i prelievi e i versamenti sul conto che non hanno limitazioni per quanto concerne la tracciabilità dei pagamenti, ma che, è bene saperlo, possono comunque essere oggetto di interesse da parte del Fisco.
In pratica ciascun soggetto può movimentare la somma che più ritiene opportuna, ma deve essere pronto a fornire, in caso di controllo della Agenzia delle Entrate, la giustificazione di quale fine abbiano fatto tali soldi o da quale fonte provengano.
Tutti i versamenti non giustificati si considerano guadagni (incassi) non dichiarati al fisco, mentre i prelievi di cui non viene indicato il beneficiario si considerano investimenti, e quindi, anche per questi ultimi, scatta una presunzione di evasione fiscale. E tutto ciò vale sia per privati che per aziende, con una precisazione: L’estensione di tale norma ai professionisti è stata dichiarata illegittima, nel 2014, dalla Corte Costituzionale, ma ancora oggi è oggetto di ricorsi per quanto riguarda i normali contribuenti.
La decisione della Commissione Trtibutaria calabrese ha in un certo senso ritenuto la mancata indicazione del beneficiario dei prelevamenti, quasi allo stesso modo di una evasione fiscale sempre sul presupposto che la cosiddetta presunzione di “nero” si basi su somme rilevanti.
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