lunedì, 12 giugno 2017
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Una faccia pulita per depistare le indagini. Così i clan agiscono indisturbati

di Corrado Amitrano

Una faccia pulita per depistare le indagini. Così i clan agiscono indisturbati

“L’appartamento è troppo umido per viverci, ce ne andiamo”. Sarebbe stata la motivazione che Nunzio Daniele Montanino ha dato nel mese di novembre 2015 al proprietario di un appartamento preso in affitto per favorire la latitanza di Francesco de Bernardo, esponente della malavita napoletana inserito tra le fila del clan De Micco egemone nella zona di Ponticelli, ma in realtà è un  messaggio in codice camorristico per dire: “Questo posto è bruciato, se restiamo qui ci arrestano e in galera è umido”. E’ il 3 novembre  e gli agenti fanno irruzione in un appartamento a Pomigliano D’Arco, ma non trovano nessuno. Il covo utilizzato per la latitanza è già stato abbandonato. De Bernardo ha capito di avere il fiato sul collo degli investigatori e fa perdere le sue tracce.

Le indagini continuano e i poliziotti si ritrovano nuovamente sulle tracce del pregiudicato su cui ricade un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del Tribunale di Napoli. Le indagini su  De Bernardo sono coordinate dalla Dda partenopea; l’accusa è di violazione della normativa sulle sostanze stupefacenti con l’aggravante del metodo mafioso. A condurre gli agenti del commissariato di polizia di Ponticelli alla cattura del latitante è stato Montanino; gli agenti lo pedinano notte e giorno fino a quando li conduce nel covo dove si nasconde De Bernardo. I poliziotti hanno aspettato che Montanino aprisse la porta dell’appartamento, preso in affitto a Marigliano, per fare irruzione e incastrare definitivamente Francesco De Bernardo.

Ma chi è Nunzio Daniele Montanino, considerato dagli inquirenti “la faccia pulita del clan” e in che rapporti è con il clan De Micco? In realtà il rapporto tra Montanino e il clan nasce da esigenze camorristiche e non differisce molto da quello di decine di persone ritenute insospettabili che favoriscono gli affari della camorra. Può risultare molto difficile prendere  in fitto un appartamento per la latitanza se non si è incensurati; spesso, infatti, i proprietari degli immobili chiedo il casellario giudiziario per sapere con chi stanno eventualmente stipulando un contratto di locazione. Per chi è ricercato dalla giustizia è quasi impossibile uscire allo scoperto ed è necessario circondarsi di persone “pulite” evitando incontri con altri pregiudicati, magari tenuti d’occhio dalla polizia. Montanino ha 40anni, originario di San Giorgio a Cremano decide un giorno di vendere il suo appartamento. Nell’occasione allaccia rapporti con diverse agenzie immobiliari che gli servono per trovare facilmente appartamenti da prendere in affitto. Ma commette un errore. Nel mese di giugno viene denunciato in stato di libertà per il reato di falso materiale. Nelle sue tasche vengono rinvenute delle sim telefoniche e un documento di identità non ancora finito, intestato a Flavio Salzano, esponente del clan De Micco e ucciso in un agguato di camorra ad agosto. Da quel momento Montanino entra a far parte ufficialmente delle indagini sul clan da parte della Dda Napoletana. Pedinamenti e intercettazioni telefoniche lo incastrano mentre è intento a favorire la latitanza di De Bernardo che perquisito durante l’arresto nell’appartamento, viene trovato in possesso di una patente di guida con dei dati anagrafici appartenenti a un’altra persona e che con molta probabilità, secondo gli investigatori, gli sarebbe stata fornita proprio da Montanino.

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