Quanto vale oggi, elettoralmente parlando, Silvio Berlusconi? Quanti voti, quanti consensi è in grado di spostare ancora l’80enne leader di Forza Italia? Dal punto di vista prettamente elettorale non meno del 10% degli italiani – secondo vari e recenti sondaggi – si sentono ancora suoi elettori. E’ questa infatti la soglia minima che, nelle rilevazioni delle ultime settimane, viene attribuita a Forza Italia. Un gruzzolo di consenso tutt’altro che irrilevante in un quadro, quella della battaglia per il referendum del prossimo 4 dicembre, che sembra caratterizzato dalla più assoluta incertezza.
Ecco perché mai come in questo caso quel 10% di elettori che prima di decidere se votare “sì” o “no” alla riforma costituzionale attende l’indicazione di Silvio sarà determinante. Vero: Forza Italia è schierata (ufficialmente) per il “No”. Vero: Renato Brunetta si sta caratterizzando per una battaglia durissima contro la riforma e contro Renzi. Ma vero anche, e soprattutto, che il Caro Leader (anche a causa delle recenti vicissitudini personali) si sta tenendo alla larga dalla battaglia politica.
Non solo: ritornato 36 ore fa dagli Stati Uniti, Berlusconi avrebbe dovuto incontrare oggi pomeriggio Matto Salvini e Giorgia Meloni. Il numero uno della Lega e la leader di Fratelli d’Italia contavano di uscire dalla riunione di Milano con un centrodestra ricompattato sul “no”. Ma Berlusconi ha fiutato il trappolone e ha marcato visita: vertice rinviato a data da destinarsi. Il motivo?
Molto semplice: Berlusconi non è per nulla convinto di aggregarsi al variopinto fronte del “no”. E del resto, è difficile dargli torto: i contrari alla riforma sono capitanati da un giornale, “Il Fatto Quotidiano”, che con la prima pagina di questa mattina su Dario Fo e il referendum ha probabilmente messo a segno il primo clamoroso autogol della campagna elettorale, almeno a giudicare dalle reazioni sui social network. Gli altri compagni d’avventura?
Figuriamoci: al di là di Salvini e Meloni, con i quali i rapporti sono tutt’altro che idilliaci, è impensabile che Berlusconi si aggreghi alla gioiosa macchina da guerra capitanata da Marco Travaglio, Massimo d’Alema e Beppe Grillo (per non parlare di Gianfranco Fini). Vero è che tra l’ex premier e quello attuale, Matteo Renzi, i rapporti sono freddi dal momento dell’elezione al Quirinale di Sergio Mattarella; ma è vero pure che i suoi collaboratori più fidati, a partire da Fedele Confalonieri, sono apertamente schierati per il “sì” e non vedono alternative all’attuale governo.
Senza contare che Berlusconi non si “pesa” politicamente solo con i sondaggi ma anche con l’orientamento delle reti Mediaset, fino ad oggi assai morbide con l’attuale inquilino di Palazzo Chigi. E allora? E allora è facile prevedere che Berlusconi (che del resto la riforma costituzionale la vuole) resterà assai defilato dalla campagna elettorale. Non si arruolerà certamente nel “fronte del no” e resterà alla finestra. Il rinvio del vertice di oggi va esattamente in questa direzione. Silvio vuole avere le mani libere, per tornare ad essere decisivo al momento giusto, nell’imminenza del voto, quando il suo potere contrattuale sarà molto più alto.