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lunedì, 31 dicembre 2018

Sembra ieri, eppure Dolly compie oggi vent’anni. Sono già passati vent’anni da quando il primo animale da laboratorio è stato creato dotandolo dello stesso identico Dna della madre. Sir Ian Wilmut, lo scienziato che creò Dolly, ammette che negli ultimi tempi molti scienziati, tra i quali include anche se stesso, sono stati stregati dalle prospettive di mettere in campo rivoluzionarie terapie legate alle cellule staminali. Sulle grandi speranze di vent’anni fa oggi però Sir Ian ha parecchie perplessità.

Dolly, nata all’istituto Roslin di Edimburgo il 5 luglio del 1996, è ormai entrata nella storia. Il suo creatore non ha mai nascosto che la creazione di Dolly fu dovuta in gran parte a un colpo di fortuna. Era la sola sopravvissuta tra 277 tentativi di clonazione ed era venuta alla luce utilizzando la cellula di una mammella presa da un esemplare di pecora di sei anni. La tecnica utilizzata dal team di Roslin includeva il trasferimento del nucleo di una cellula adulta in un ovulo non fecondato il cui nucleo era stato rimosso.

Grazie ad uno shock elettrico la cellula ibrida si divise, generando un embrione che veniva successivamente impiantato nell’utero di una madre surrogata. Il risultato era un neonato che si presentava come una copia genetica esatta del donatore della cellula originale. Dolly è morta il 14 febbraio 2003: soffriva di artrite e di una malattia dovuta a un virus polmonare e si pensa che la sua prematura scomparsa sia dovuta al fatto di essere stata clonata da una pecora che aveva già sei anni.

A vent’anni di distanza, la possibilità di sviluppare trattamenti legati alle cellule staminali in grado di curare organi e tessuti malati, non è poi ancora così facile e soprattutto ha portato e reca non pochi problemi. Gli ostacoli da superare sono così grandi che bisognerà aspettare decenni prima che le terapie staminali possano diventare routine.

Ian Wilmut, lo scienziato che creò Dolly, afferma: “Sono convinto che stiamo imparando lentamente ad essere più realisti e a non ripetere di nuovo gli stessi errori. L’idea di produrre trattamenti su misura basati sulle cellule ips (cellule staminali pluripotenti indotte) create da cellule donate si è rivelata irrealistica. La strada però, assicura Sir Ian, è ancora molto lunga e densa di incognite”.

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