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“A casa mia (Rione Conocal) comando io”. Così la boss intercettata prima del suo omicidio

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  Nunzia D'Amico e la guerra ai rivali dei "Bodo"

Droga spacciata alla luce del sole davanti ai bambini che giocano e girano in bicicletta per il Rione Conocal. E' solo uno degli aspetti che emerge dalla maxi operazione dei carabinieri che all’alba di lunedì 20 giugno hanno eseguito a Ponticelli, quartiere a est di Napoli, ben 89 ordinanze di custodia cautelare (75 in carcere e 14 ai domiciliari), emesse dal gip partenopeo su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti del clan D'Amico.

Smantellate undici piazze di spaccio gestite dal gruppo criminale nato nel 2009 dalle ceneri dei Sarno e gestito negli ultimi mesi dalle donne della famiglia dopo gli arresti, avvenuti negli anni scorsi, di Antonio e Giuseppe D'Amico e dei cognati Ciro Perrella e Salvatore Ercolani.

"Ora la camorra la facciamo noi. Tanto Chernobyl non ci sta più. Ora è peggio.. ci stanno le donne". Così parlava Nunzia D'Amico, sorella dei due boss detenuti e moglie di Salvatore Ercolani, detto appunto Chernobyl. Intercettata grazie a una microspia piazzata nella sua abitazione, la donna, madre di sei figli, aveva preso le redini del clan fino all'omicidio avvenuto il 10 ottobre del 2015 in un agguato avvenuto nel Rione Conocal e probabilmente eseguito dai killer dei De Micco, il clan rivale che da tempo è in lotta per il controllo degli affari illeciti. Dopo la morte di Nunzia D'Amico, che non voleva scendere ad accordi con i "Bodo" ("a casa mia comando io") la gestione delle attività criminali è passata, fino all'arresto di oggi, nelle mani di Anna Scarallo, moglie del boss Antonio D'Amico.

Le conversazioni ascoltate per quasi un anno all'interno dell'abitazione di Nunzia D'Amico, punto di riferimento del clan e luogo nel quale tutte le decisioni sono state prese, e gli episodi commentati, riscontrati attraverso le intercettazioni telefoniche e le immagini delle telecamere installate nel Rione Conocal, oltre al controllo sul territorio eseguito dai carabinieri, hanno permesso di ricostruire l'organigramma del clan e di comprendere come la famiglia D'Amico abbia attualmente un controllo capillare sul territorio: dal traffico di stupefacenti  alle estorsioni, passando per la gestione delle case popolari. Controllo conservato grazie alla particolare spregiudicatezza e pericolosità degli affiliati, soprattutto quelli più giovani, e grazie alla disponibilità di armi maneggiate anche da bambini che non hanno compiuto 10 anni di età.

Le telecamere hanno consentito di assistere a numerosi raid armati all'interno del Conocal, dove i gestori delle piazze di spaccio sono "costretti" a corrispondere la quota a entrambi i clan, o allo scopo di dimostrare la propria forza colpendo l'avversario (i De Micco) o persone vicine. Alle origini della faida c'è il controllo delle piazze sul territorio di Ponticelli e di Caravita nel comune di Cercola. Ricostruite anche le alleanze con altre organizzazioni camorristiche come i Ricci dei Quartieri Spagnoli.

Il provvedimento cautelare riguarda anche alcuni indagati accusati di aver partecipato, quali mandanti e organizzatori, all'omicidio di Alessandro Malapena, commesso il 27 agosto 2013 a Ponticelli (per il quale sono già stati condannati gli esecutori materiali Giuseppe D'Amico, Gaetano Lauria e Giovanni Favarolo) oltre al ferimento con colpi d'arma da fuoco di Gaetano Caputo, avvenuto a Cercola il 13 luglio 2014.

Ai domiciliari è finito anche un medico dell'Asl di Napoli 1 che ha fornito un falso certificato in favore di una esponente dell'organizzazione, al fine di consentirle di recarsi a colloquio con il marito, detenuto ad Oristano (Sardegna), nonostante fosse sottoposta alla misura dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

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