Primi effetti della Brexit sull’economia reale. La compagnia aerea britannica low-cost Easyjet ha annunciato di aver chiesto un certificato di vettore aereo in un altro Paese dell’Ue. Dopo che i britannici hanno detto “levae” all’Europa ora è tempo per le aziende di dire addio alla Gran Bretagna. Il certificato “dovrà consentire a Easyjet di volare in tutta Europa come facciamo oggi” scrive la compagnia in una nota. Easyjet ha avviato “un procedimento formale per acquisire” il certificato.
“EasyJet sta facendo pressione il governo del Regno Unito e l’Unione europea per garantirsi la possibilità di continuare a operare in un mercato pienamente liberalizzato e deregolamentato nel Regno Unito e in Europa come oggi. Come parte della pianificazione di emergenza di EasyJet prima del referendum ha avuto contatti informali con un certo numero di autorità regolatorie aeronautiche europee per ottenere un certificato di operare aeronautico un in un paese dell’Unione Europea per consentire a EasyJet di volare in tutta Europa come oggi”. Così l’azienda, in un comunicato, annuncia la contromossa che le permetterà di continuare ad usufruire delle opportunità riservate ai vettori comunitari e lancia quello che potrebbe diventare un pericoloso affetto a catena
Naturalmente l’uscita dall’Unione non escluderà la possibilità di accordi tra britannici e singole aziende, ma questo creerà, evidentemente non pochi problemi.
Per questo, ad esempio, Toyota e Nissan, che assieme producono nel Regno Unito quasi 700.000 vetture all’anno, hanno infatti affermato di voler mettere in stand-by gli investimenti in territorio britannico, rivedendo i propri piani a fronte delle nuove condizioni. Alcune stime parlano di un crollo del Pil potenziale fino al 6% per i paesi del Regno Unito a seguito della Brexit.