Uno stop alla libera circolazione dei lavoratori, riduzione del numero degli immigrati, l’inizio del processo di Brexit rimandato alla fine dell’anno. È questa la ricetta di Michael Gove, l’ex ministro conservatore alla Giustizia che nei giorni scorsi è sceso in campo nella corsa per la leadership costringendo il suo alleato nella campagna pro-Brexit a farsi da parte. Continua a riservare parecchie sorprese la politica britannica. I due partiti di maggioranza e opposizione, travolti dal successo di Leave, hanno perso la loro usuale linearità ed ora sono entrambi alla ricerca disperata di un successore.
In casa Tories tutte le possibili previsioni sono state mandate all’aria dal ritiro di Johnson, considerato uno dei candidati favoriti. E ora la partita si giocherà tra Cove e la May, algido ministro agli Interni che più volte era stata nominata come possibile nuova guida del partito dopo Cameron. Ieri Gove, che fino a pochi giorni fa aveva sempre smentito l’ipotesi di una sua candidatura, ha spiegato che nel momento in cui si è reso conto che Johnson «non era la persona giusta» il suo cuore gli ha detto che doveva farsi avanti. Nel caso dovesse vincere ha già promesso di voler ridurre l’immigrazione bloccando la libera circolazione e dicendo addio al libero mercato e di aumentare la spesa per il servizio sanitario nazionale di 100 milioni di sterline a settimana.
Ha inoltre confermato di essere d’accordo nell’abbandonare il progetto di azzeramento del deficit entro il 2020, cosa che lo stesso George Osborne aveva annunciato sempre ieri. Per quanto riguarda Brexit invece, per appellarsi all’articolo 50 del Trattato di Lisbona e iniziare le trattative con l’Unione non c’è alcuna fretta e non se ne parlerà fino alla fine del 2016