Borse in caduta libera, Tokyo chiude a -5% A Milano incubo spread, crollano i bancari

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Borse in caduta libera, Tokyo chiude a -5%<br> A Milano incubo spread, crollano i bancari

Dopo il lunedì nero di ieri, risveglio duro per le borse mondiali in cui a regnare sembra essere, ancora, la sfiducia nella ripresa dei Paesi Europei. A tenere banco oggi, in attesa del tentativo di rimbalzo delle piazze europee, è il tonfo della borsa di Tokio che ha aperto le contrattazioni con un significativo -4%.

Numeri in linea con la chiusura, in negativo, dei mercati continentali che hanno visto Milano perdere il 4,6%, mercato peggiore dopo quello di Atene (-7,87%).

Se in Giappone si punta il dito contro la decisione della Banca Centrale Nazionale di applicare interessi negativi con la conseguente discesa sotto lo 0, per la prima volta nell’epoca del G7, dei rendimenti dei titoli di Stato nipponici a dieci anni, in Europa la causa del crollo è da imputare principalmente a due fattori: la sfiducia nelle banche e nella possibilità di ripresa economica.

E’ un dato di fatto che a cedere maggiore terreno siano i titoli degli Istituti di Credito: Mps e Banca Popolare dell’Emilia hanno perso ieri il 12%, Ubi Banca il 10,5, Banca Popolare il 9%, ma sono andate male anche Deutsche Bank a Francoforte (-9,5%) e Bnp Paripass a Parigi (-5,47%).

Se a pesare sulle banche possono essere le misure relative al Bail in (le regole che prevedono il salvataggio delle banche in crisi da parte di azionisti e correntisti) insieme all’alto volume di prestiti in sofferenza nei portafogli degli istituti, sono la crescita economica debole e i dubbi sulla ripresa dall’inflazione (dovuta anche al crollo del prezzo del petrolio con il conseguente calo dei prezzi) a causare lo scossone più grande sull’economia europea.

A farne le spese, come sempre, gli anelli più deboli della catena. Non è un caso che lo spread (il differenziale tra titoli tedeschi ed italiani) sia ripreso a salire fino a toccare quota 148 punti. Sempre che dietro l’impennata di questo parametro non vi sia, ancora una volta, un segnale politico che le istituzioni europee vogliono lanciare ad un’Italia alle prese con le riforme che, per bocca del suo primo ministro, ha iniziato, negli ultimi tempi, a provare a fare la voce grossa con l’Europa. CONTINUA A LEGGERE